Miei Carissimi Milanesi,
questa sera torniamo su uno dei temi che ci sta più a cuore: i CPR, in particolare quello situato in via Corelli, definito da molti – e non a caso – un vero e proprio lager.
Perché questa definizione? Scopriamolo insieme a Fabio Ranfi, con la partecipazione dell’avvocato Giovanni Motta e del senatore della Repubblica Italiana Gregorio De Falco.
I CPR sono il frutto di una involuzione della disciplina relativa al trattamento dello straniero, forzata dal cosiddetto “decreto sicurezza” del settembre 2018. Nonostante questa macchia nera della produzione legislativa italiana sia stata ormai abrogata, i cambiamenti all’interno del nostro Paese, si sa, avvengono lentamente. Molto lentamente.
Le convenzioni internazionali, come quella di Ginevra del 1951, impongono agli aderenti delle linee guida relativamente al trattamento dello straniero sul territorio dello Stato; purtroppo, queste indicazioni assumono spesso la forma di obbligazioni di “non fare” e non contengono al loro interno definizioni di termini giuridici che assumono, ad esempio, portata variabile all’interno dei singoli ordinamenti; di conseguenza, la loro interpretazione, nonostante sia soggetta alla consuetudine internazionale, è spesso lasciata ai singoli Stati.
Ciononostante, chiunque si intenda anche solo in modo superficiale di diritto può capire la bruttura legislativa che caratterizza il funzionamento dei CPR; e anche per chi non dovesse intendersene, il racconto dell’esperienza del senatore De Falco all’interno dei CPR di via Corelli a Milano e di quello a Roma non lascia spazio al dubbio.
Si stima che in Italia ci siano circa 600.000 clandestini; di questi, secondo i dati presentati dal senatore De Falco, qualche centinaio sono rinchiusi all’interno dei CPR in attesa di rimpatrio, ma nel 2021 solo il 49% è stato effettivamente “mandato a casa“. Se i numeri non dovessero essere sufficienti per la spiegazione del fenomeno, aggiungiamo il fatto che quel 51% che rimane all’interno dei centri, senza alcuna giustificazione giuridicamente rilevante, può aprire un contenzioso – e nella stragrande maggioranza dei casi, vincerlo – per la limitazione della libertà personale senza motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza, il che comporta esborsi erariali anche significativi.
I centri di permanenza per il rimpatrio sono luoghi di detenzione amministrativa. La legge italiana prevede la possibilità per il diritto amministrativo di limitare la libertà personale dell’individuo, ma per brevi periodi di tempo. Nel caso degli immigrati clandestini, la legge Turco-Napoletano prevedeva originariamente 30 giorni di detenzione al massimo, in condizioni di sicurezza ben diverse da quelle previste nelle carceri. Il “decreto sicurezza” del settembre 2018 aveva aumentato non solo il grado di durezza nel trattamento dei residenti, ma anche il numero massimo di giorni di detenzione, arrivando a ben 180, un periodo di tempo che mal si sposa con il diritto alla libertà personale previsto tanto dalla Carta ONU che dalla Carta di Nizza, e dalla stessa Costituzione Italiana, poiché si sta parlando di detenzione per motivi non derivanti dal reato penale e, inoltre, non riconducibili a motivi imperativi di interesse generale come ordine pubblico e pubblica sicurezza.
Le condizioni di “vita” all’interno dei CPR sono, per molti aspetti, più degradanti di quelle previste dal carcere. Il video presentato dall’avvocato Motta, della rete Mai più lager – NO ai CPR mostra che tentativi di dissenso all’interno dei centri sono subito sedati con l’arrivo di forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa.
Peccato che i residenti dei centri abbiano tutte le ragioni per ribellarsi: i CPR, ad esempio, non offrono alcuna assistenza sanitaria al di fuori di servizi infermieristici di base che non prevedano l’uso di medicinali – qualsiasi tipo di medicinale: nemmeno i più banali, nemmeno i salvavita.
Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali.
Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, art.35.
Negare l’assistenza sanitaria, o rinchiudere all’interno dei CPR persone con necessità psichiatriche, come spesso accade, equivale, di fatto, al riconoscere l’individuo come una “non-persona”, poiché va a negare uno dei suoi diritti fondamentali universalmente riconosciuti dagli ordinamenti giuridici che si definiscono “civili”.
Durante la sua seconda visita al CPR di via Corelli, il senatore De Falco ha avuto modo di verificare di persona la gestione del “pocket money” dei residenti, obbligati a pagare prezzi palesemente gonfiati e senza alcuna ricevuta di pagamento. Non solo – anche l’acqua, argomento tanto “caldo” in questi giorni, all’interno dei CPR è razionata in ragione di un litro e mezzo a residente. Il gestore del CPR di via Corelli ha, infatti, adottato la linea dura, riducendo le spese di gestione del centro al minimo; e nonostante tutto ciò, guadagnando comunque ben poco dall’affare, a causa della gara al ribasso che ha originariamente caratterizzato lo stesso bando per la gestione del centro.
Tutto questo avviene a pochi passi dall’Idroscalo e dal Luna Park di Milano, nel silenzio, nell’indifferenza e senza alcun beneficio per tutti, tranne che di quella parte della politica che trova nella lotta a tutto ciò che è “altro” e “diverso” la sua ragione di vivere.
Miei Carissimi Milanesi, come ben sapete, le nostre rubriche parlano spesso del territorio e dei rapporti con le istituzioni. Lo facciamo con consapevolezza, obiettività e trasparenza, perché – al contrario dell’informazione mainstream – abbiamo poco da perdere. E se strappare la cortina di silenzio che avvolge ciò che si vuole tenere nascosto, per non arrecare fastidio, per non rompere le uova nel paniere a una certa classe politica – se strappando questa cortina, insomma, anche solo una persona si rendesse realmente conto di come stanno le cose, allora la nostra umile missione avrà trovato compimento.
Miei Carissimi Milanesi torna mercoledì, come ogni settimana; nel frattempo, non perdetevi la puntata di domani di Focus Periferie, in diretta, come sempre, dalle 19:30 alle 20:00.